dicono di me

Paolo Levi, critico d’arte, giornalista, saggista

La ricerca artistica di Antonietta Bellini approda a risultati di sorprendente lirismo. I suoi quadri si soffermano sulla suggestiva quanto familiare poetica del quotidiano, immergendola in atmosfere che ci portano lontano dal caos che scandisce il tempo contemporaneo.

L’uso congiunto di olio e carboncino conferisce morbidezza alle figure, ai paesaggi, agli scorci marini, dove i contorni, leggermente sfumati, acquisiscono una grazia impressionista, che addolcisce in proiezioni poetiche una figurazione chiaramente identificabile nella sua verosimiglianza.

La pittrice infatti, grazie anche a una solida preparazione tecnica, non si adagia tanto nella contemplazione oggettiva del mondo, quanto piuttosto sa trascenderne l’esteriorità, ritrovando la meraviglia che si nasconde nelle piccole cose di tutti i giorni, e traducendola con la propria arte in un delicato canto alla vita.

Le tonalità del pastello si muovono con delicatezza sulla tela, intervallate talvolta da cromatismi più intensi e vibranti, che tuttavia non spezzano mai il solido equilibrio della composizione. Anche le variazioni chiaroscurali sono contrappunti aggraziati, che nella loro definizione non snaturano la rappresentazione di una situazione reale, ma ne sussurrano solamente la veridicità.

Osservando questi lavori, si respirano atmosfere inondate di luce, sotto cieli intensi, dove il bianco predomina su tutti gli altri colori. Proprio per queste caratteristiche segniche e tonali i dipinti di Antonietta Bellini suggeriscono emozioni, rievocando memorie d’infanzia, attimi lontani ma indimenticati, sospesi nel tempo immobile del ricordo, e riportati in vita per incantamento.

Sono attimi di palpitante vitalità, che si impongono allo sguardo di chi li osserva con la straordinaria capacità evocativa di una musica dolce e suadente.

 

Anna Francesca Biondolillo, critico d’arte

Il tratto marcato e deciso, da abile disegnatrice, caratterizza la produzione artistica di Antonietta Bellini. Nei suoi lavori pittorici l’elemento umano viene narrato nella sua complessità esistenziale attraverso racconti cromatici che costituiscono fotogrammi del viver quotidiano. Persiste nel suo iter descrittivo un continuo soffermarsi sugli aspetti più semplici ma anche più gratificanti della vita. [...] Poesia di felliniana memoria si amalgama con una timbrica pittorica eccellente sia dal punto di vista tecnico che tematico.

Salvatore Perdicaro, critico d’arte

[...] il rapporto dell’uomo con il mare. Un lungo racconto pittorico ricco di liriche coloriture che si snoda fra porti e litorali dell’Adriatico, scenari di operose fatiche, di attese, ma anche di socialità e di svago, di silenti meditazioni, di poetici abbandoni, di attraenti fantasie [...]. Personaggi anonimi i suoi, eppure vitali, veri, colloquiali, in virtù di un ritmo narrativo che sa ben dosare gli elementi strutturali e ricostruire atmosfere ove ciascuno ha l’impressione di ritrovarsi con naturalezza, protagonista di vicende minime che riempiono la vita.

Mario Magnanelli, pittore

[...] Le sue opere mostrano una visualizzazione d’immagine la cui visione cromatica è in funzione del rapporto superficie-segno che agisce in una dimensione lirico esistenziale di pura immaginazione fino a giungere alla reinvenzione dell’oggetto, dove il reale esige una motivazione esistenziale quasi astratta [...]. La corposità delle stesure di colore si distacca da certe influenze fauve per vivificarsi in un tonalismo lirico racchiuso in immagini ideali [...].

Anna Rosa Balducci, scrittrice

Un velo di malinconia copre le tele di Antonietta Bellini, le forme dei paesaggi, delle persone, degli oggetti. Figure e paesaggi domestici e familiari che si rivelano in una sorta di tenera epifania: il porto canale, in un’ora della sera ha una luce palpitante di attese; uno squarcio della città, con il ponte di Tiberio, dopo la festa è reso surreale da una figura che vi campeggia, togliendo realtà alla nettezza dei contorni; una bimba che gioca con l’acqua ci guarda con occhi colmi di stupore, e la immaginiamo immersa in un’acqua primigenia, culla e memoria insieme . Eppure queste immagini sono piacevoli allo sguardo, fanno bene al cuore, invitano a rimanere nelle cose che conosciamo, a indagarle con dolcezza, si fanno poetiche, quindi universali, senza farci perdere la percezione di una affettuosa appartenenza.

Roberto Venturini, giornalista e ricercatore

Il mare nelle sue diverse espressioni e il porto sono una ricorrente fonte di ispirazione per Antonietta Bellini, la pittrice originaria di San Clemente, dove è nata nel 1953. Antonietta Bellini risiede ora a Rimini dove lavora nel proprio studio in vicolo Ortaggi, nel borgo San Giuliano, cuore della Rimini artistica e marinara. E proprio dal borgo la Bellini trae molte delle immagini della propria pittura, piccoli olii, acquerelli e chine, che sono memoria lirica, intensissima, di ricordi, di scene infantili, di volti, di fiori e in definitiva di emozioni profonde espresse con la suggestione del colore e del tratto. Attraverso quei luoghi, dove si muovono bimbi colti negli atteggiamenti spontanei di un’ età che non conosce malinconia, la pittura di Antonietta Bellini si rivolge al cuore adulto che non ha rinunciato a guardare la realtà con il candido stupore di bambino [...] .

Salvatore Perdicaro, critico d’arte

[...] Nell’armonica tessitura delle forme e dei colori, la pittura di questa artista compendia i fermenti di una lirica espressività, estrinsecata in una fertile inventiva capace di mediare percezioni e intuizioni in immagini simboliche immediatamente leggibili. [...] Essa ci rimanda alle cose semplici e vere della quotidianità, talora configurandole in una dimensione fiabesca che ne accresce il fascino e la spontaneità [...]. Originalità anche nelle atmosfere che contornano i soggetti, animate dai vibratili ritmi delle trame cromatiche, che trascorrono da decisi contrasti a levigate sfumature sempre pronte ad accogliere con ineffabile pregnanza le voci del sentimento.

Carlo Alberto Balducci, latinista e studioso d’arte

Non è facile collocarla in una scuola o corrente: tradizionale e moderna qual è, figurativa e tendente, ma con grande cautela all’informale, giacché è indefinibile ciò che fa parte della sensibilità e dello spirito. E lo spirito, sappiamo, “ubi vult spirat”. I temi che predilige son quelli che hanno attirato quasi tutti i pittori, nelle loro personali interpretazioni del reale, che si esprimono nelle linee e nei colori: ritratti di donne, paesaggi, fiori, angoli della città in cui vive, la sua meravigliosa bambina e specialmente i gatti, che compaiono come antropomorfizzati, alcuni miti e familiari, altri anche prepotenti, sempre amati. Sobria nelle linee, ed anche nei colori, ma quanto basta per dare vita e passione a ciò che rappresenta, rifuggendo dal funambolismo, ma nel tempo stesso evitando la monotonia. E anche la luce, che investe i suoi dipinti, non è quasi mai sfarzosa, ma temperata e insieme calda. I suoi paesaggi ti inducono ad uno stato interiore di quiete, così i suoi fiori ti portano a una dolce malinconia dell’animo, così come le sue donne, che possono apparire severe, ti rivelano una femminilità che non si fonda sul fascino, che può essere spesso esteriore, ma sulla vivacità del loro intimo, che rivela una mobilità di atteggiamenti e di stati d’animo, che va scoperta con una assidua contemplazione. [...] Un senso di fine e tenue pudore, rivelante dolcezza e insieme amore e quasi rispetto alle cose rappresentate. Ed è ciò,d’altra parte, che ritrovi anche nei lavori più complessi, questo grande rispetto per le cose che ha davanti e che diventano carne della sua carne e che ti entrano dentro come rivelanti un bisogno di essere espresse e comunicate, ma sempre con quel pudore e quella riservatezza, che le cose richiedono [...].

Giuseppe Romanato, Presidente dell’Accademia dei Concordi di Rovigo

[...] Il vero artista ha, almeno all’inizio, un maestro e una scuola e, a sua volta, poi, crea scuola, come testimonia eloquentemente la storia dell’arte. Io non credo – se non in casi del tutto eccezionali, e perciò rarissimi – alle improvvise folgoranti scoperte di doti pittoriche ed artistiche, cui ci ha abituati una certa moda odierna, che ha invaso di gallerie e mostre città e paesi. La pittura, come tutte le arti, forse anche più di altre, richiede innanzitutto studio, cultura e tecnica se non vuole degenerare in vacua improvvisazione. Questa “etica professionale” ha alimentato e guidato, fin dalle prime esperienze, Antonietta Bellini, la cui brillante intelligenza e la cui solida preparazione, maturate nel lungo e paziente tirocinio dell’Accademia, poggiano su un notevole spessore culturale che è – e deve essere – il sottofondo di qualsiasi esperienza artistica. Da queste fonti nascono i paesaggi della sua “Romagna solatia”, ora turgidi e rigogliosi di verde e di messi, ora sfumati in una incantata dolcezza di luci e di colori, che si stempera tra albe e tramonti. Questa è la sorgente dei suoi grappoli fioriti che si ergono esili e morbidi su vasi o si distendono carnosi e sensuali su poggioli e davanzali. Una certa inquietudine, una malcelata malinconia, una violenta forza di penetrazione interiore traspaiono dai suoi ritratti, dai suoi volti, ora appena delineati e sbozzati, ma intensamente vivi, ora rielaborati con tutto l’ausilio della tecnica più raffinata. C’è nella Bellini una grande capacità di introspezione umana che coglie e fissa nei volti la gioia e, forse, ancor più la tristezza, la voglia di vivere e insieme l’intimo senso tragico della vita: certi colpi di colore, certi sguardi pudichi, in pensosa fissità, certi abbozzi sfumati e incompiuti rivelano una sua implacabile ricerca psicologica, che talora scava fino in fondo, talora, invece, improvvisamente, si arresta, preoccupata o intimidita da quanto intravvede o intuisce – e i colori allora sfumano e l’immagine pittorica si blocca -, talaltra, infine, trasfigura le immagini in simboli quasi mitici. Ecco il “Circo”, forse l’opera più bella, certo la più originale e geniale della Bellini: qui la pittura diventa poesia in quel volto trasfigurato, nei colori che si sentono più che non si vedano, in quella vibrazione di sorriso, misteriosa e stupefatta, che sfiora le labbra della ballerina. E’ un quadro che lascia un segno e rivela d’incanto l’anima e il tocco di un artista. Se la Bellini avrà la forza e il coraggio di continuare a scavare negli altri e in se stessa, senza soste e, direi, senza pietà, potrà riservarci altre grandi sorprese.

 

Antonio Nadiani, pittore e scrittore

[...] dal momento che ho parlato di linguaggio pittorico, posso solo cercare di richiamare l’attenzione su di esso, che nelle opere della Bellini è schietto, libero dalle ormai abusate “ricerche” che portano solo a produrre roba ricercata, più artificiosa che artistica. Questa dote di schiettezza, e nello stesso tempo di forza e padronanza dei mezzi, fu quella che mi colpì la prima volta che vidi la pittura di Antonietta Bellini, ancora ragazzina, in una collettiva di anni fa. E non si smentisce. Attraverso la ricca gamma dei motivi – nature morte, fiori, paesaggi, figure,ritratti – il colore è sempre genuino. Genuino nel senso che non si lascia asservire o fuorviare da esigenze o preoccupazioni eteronome. Conservare l’autenticità coloristica può essere relativamente facile quando si tratta di una composizione dove la scelta è così libera da avvicinarsi al quadro astratto: dove, per intenderci, l’artista può mettere una scatola gialla accanto a un libro azzurro, o viceversa ( ho detto però ” relativamente ” facile, perché resta sempre elemento decisivo il colore in quanto materia pittorica, non copia di una scatola che sia gialla in realtà o di un libro effettivamente azzurro). Ma diventa estremamente difficile, tale autonomia, e diventa criterio distintivo tra l’opera di un vero pittore e la tela colorata da un velleitario, nel campo del paesaggio e del ritratto. Qui molti sono gli incentivi a sviarsi, dietro uno scenario romantico, dietro una sottigliezza fisionomico-psicologica, dietro il richiamo di una somiglianza meticolosa. Non che l’effigie debba rinnegare l’effigiato. E non lo rinnega certo nei ritratti della Bellini, a giudicare dall’autoritratto che nella sua semplicità frontale e severa fa centro quanto a carattere fisionomico. Ma non è necessario conoscerla, e riconoscerla nel dipinto, per apprezzare la robustezza dell’impostazione di questo e l’immediato senso del materiale nel suo pieno diritto di dominare la tela in superfici chiaramente marcate, senza sminuzzature né confuse mescolature. Allo stesso modo sono visti con limpidità sintetica altri volti da lei presi a modello. Chi volesse soffermarsi sui singoli esempi, come la purezza levigata di un pallido viso di donna, leggermente incorniciato dal contrasto di un’ariosa volubilità di trine, quasi sottilissimi bordi di filigrana nera, rischierebbe di allungare il discorso più di quanto comporta questo spazio. La tentazione ci sarebbe, perché la Bellini lavora molto e non schematicamente, ma cercando continuamente di approfondire alcune qualità della propria pittura, che quindi continuamente si rinnova. D’altronde ho già espresso la mia semplicissima intenzione di additare a chi guarda questa pittura quello che per me ne costituisce il pregio maggiore: che è pittura sul serio [ ... ].

Edgardo Perini, poeta e critico d’arte

Ho visitato lo studio di Antonietta Bellini, pittrice riminese, col gusto di chi va alla ricerca di veri talenti e li scopre e li trova anche in chi modestamente non ne fa pompa [...]. In generale si crede che una donna e per giunta ventenne debba sentire in una certa maniera solo perché appartiene al gentil sesso, anche se molte cose sono cambiate con la contestazione e il femminismo, in particolare da una ventina di anni fa ad oggi. Poi ti trovi sbalordito di fronte ad un fatto reale quando vedi le opere della giovane artista, forse ispirate talvolta ad un primitivismo toscano quattrocentesco, ma sempre attuali e insieme poste nel filone della vera e valida pittura di ogni tempo, che va da Cimabue a Morandi, da Giotto a De Chirico. Trovo infatti in certe figure femminili misteriose e potenti, valori plastici e volumetrici che mi ricordano il Masaccio della Cappella Brancacci o certi visi malinconici e pensosi di Piero della Francesca, fatte le debite proporzioni e col rispetto all’originale personalità di Antonietta Bellini [...]